Fotopratica

……E’ indispensabile ribadire quegli elementi che sono gli unici a far apprezzare in profondità il lavoro svolto da Claudio Marcozzi sulla propria terra; non tenere nel debito conto l’iter evolutivo di questo fotografo, sarebbe tradire quella lettura accorta che le sue immagini meritano a pieno titolo. Ritroviamo in esse, fusa da un’alchimia che non si stenta a definire magica, l’essenza di ciò che l’autore ha sedimentato in anni di studio e di ricerca come artista, senza peraltro lasciar sopire il suo rapporto di uomo con quel paesaggio che ha visto mutare con le stagioni. E se il colore qui non è certamente un mero pretesto pittorialistico ma atmosfera affascinante, anche il rigore compositivo prospettico non risulta compiacimento geometrico ma attiene ad un intelligente “gioco” di quinte scenografiche, a volte apparentemente astratte. Si potrebbe concludere affermando che se un certo stupendo paesaggio in bianconero di Giacomelli vuole ricordare in modo graffiante il rapporto del contadino con la terra, queste fotografie di Marcozzi fanno pensare, senza cadere nel retorico, ad un rapporto che è voglia di sobria poesia.

EMILIO DE TULLIO per “FOTOPRATICA”, maggio 1992

Il Messaggero

Il paesaggio di Marcozzi è una sequela di campi coltivi, dove la fotocamera scopre le antiche centuriazioni e dove il fotografo, tramite l’uso del teleobiettivo, crea fondali e quinte fantastiche, mostrando attraverso queste allitterazioni geomorfologiche come il paesaggio possa, se colto nei suoi dettagli apparentemente insignificanti, darci una lezione di geologia e di botanica, di cangiantismo cromatico e di indiscutibili passaggi dell’invenzione umana.

CARLO MELLONI per “IL MESSAGGERO”, 1991