La pittura è morta. Cominciarono a dirlo subito dopo l’invenzione della fotografia, quando molti artisti cominciarono ad usare il nuovo mezzo, la loro mansione divenne quella di pittore fotografo e nel loro logo era ancora presente una tavolozza con i pennelli. Il tempo ha poi dimostrato che entrambe le arti sono cresciute autonomamente, pur con qualche contaminazione fisiologica, trasformandosi e adattandosi ai tempi per opera degli autori geniali che le hanno praticate, ma anche viceversa: il Tempo e la Storia si sono arricchiti e adattati alle varie correnti che si sono succedute, perché gli artisti sono sempre un po’ più avanti, a volte parecchio.
Oggi si torna a ripetere che la pittura è morta, che non ha più niente da dire, i critici e gli studiosi si affannano ad indagare nuove funzioni e significati, mentre nelle mostre si incontrano, come sempre, opere di talento o demenziali, e la definizione dipende dalla preparazione culturale di chi la emette e dalla sua capacità di interpretazione dell’arte, oltre che da interessi precisi nel mercato.
Vista dalla nostra parte di fotografi la situazione attuale è molto interessante perché ci sono parecchi casi evidenti in cui è proprio la fotografia ad ispirare gli autori che lavorano di pennello.
Alla base dell’Arte c’è sempre stata la riproduzione e l’interpretazione della realtà, la pittura e la fotografia hanno avuto e continuano ad avere questo scopo, pur con i tempi e i mezzi che cambiano, e quello che oggi si chiama iperrealismo in “realtà” è sempre esistito perché i pittori hanno sempre cercato di riprodurre più fedelmente possibile i loro soggetti. Con l’invenzione della fotografia questa necessità è venuta un po’ meno, perché la tecnologia e la chimica hanno fatto sembrare obsoleta la pratica del riprodurre con i colori. Allora la pittura è andata alla ricerca di nuovi territori e l’impressionismo è stato uno di questi: con il pretesto di rappresentare le loro scene Renoir e compagni in realtà studiavano e mostravano la luce, e cioè la materia prima dei fotografi, per produrre opere di una figuratività diversa. Claude Monet per esempio, ad ogni cambiamento di luce smetteva di dipingere una tela e ne cominciava un’altra, per poi terminarle tutte una volta rientrato nel suo studio. La Storia dell’Arte conosce le sue opere seriali (la cattedrale di Rouen, la Gare St. Lazare, i pioppi sulle rive dell’Epte, fino al laghetto di ninfee della sua casa di Giverny, con il ponte giapponese ripetuto all’ossessione), per noi è come se fossero scatti multipli dello stesso soggetto. Il futurismo e l’astrattismo in genere, sono ulteriori esempi di una pittura che si allontana dal documento per proporre una nuova funzione più creativa, cosa successa anche alla fotografia che, con le sue modalità specifiche, ha trovato rappresentazioni lontane dalla riproduzione della realtà vera per offrirne un’altra d’autore. E questa è infine la vera funzione dell’arte: solo colui che crea è un artista, mentre chi riproduce è solo un artigiano, anche se non è vietato definirlo altrettanto artista quando dimostra un talento fuori dal comune.
Fatto questo preambolo nella maniera più semplificativa possibile, passiamo alla scoperta di alcuni autori (non fotografi) le cui opere hanno una chiara derivazione o ispirazione fotografica, sperando che anche i lettori non fotografi ci perdonino per la nostra visione molto di parte.
Diamo per scontata, e non ce ne vogliano, la produzione di artisti come Ventrone o Pellanda, la cui strabiliante abilità e resa pittorica ci fa pensare… ad ottiche superincise, però di iperrealismo vogliamo parlare, e lo facciamo scegliendo lo spagnolo Bernardo Torrens, che lavora anche in bianco-nero. I suoi lavori visti ad Art Verona presso la Galleria del Tasso di Bergamo sono eleganti nudi maschili e femminili che hanno da lontano l’aspetto di grandi stampe baritate e si rimane veramente stupefatti quando si legge che si tratta di dipinti con acrilici su tavola: anche avvicinandosi di molto non si riesce ad individuare nessun minimo segno di pennello. Siamo a livelli di straordinaria abilità tecnica tesa non tanto alla riproduzione del soggetto dal reale ma da una sua ipotetica (o magari concreta) immagine fotografica monocromatica.
I soggetti di Enrico Ghinato (Galleria d’Arte Contini, Venezia) sono invece le auto storiche della Mille Miglia nella sua rievocazione contemporanea, dipinte con una fedeltà fotografica che rende perfettamente anche i riflessi dell’ambiente sulle carrozzerie.
Di taglio fotografico sono anche le opere di Terry Rodgers (Galleria Marella, Milano/Pechino), campioni di realtà abitata, e a volte affollata, dei loft newyorkesi, intrisa di erotismo e congelata da uno “scatto” pittorico su tela di lino, o di Sabrina Milazzo (Galleria Pier Giuseppe Carini di San Giovanni Valdarno), quasi candid photo da appostamento, o di Michele del Campo (Galleria Jorge Alcolea di Madrid, a MiArt 2007), con le “inquadrature” selettive tipiche del reportage contemporaneo. Quelle di Kate Waters (Galleria Voss di Düsseldorf) sono invece vere e proprie istantanee ad olio, particolari urbani con passanti, nei quali anche le sfocature in lontananza sono sapientemente rese dai pennelli.
Pittura di reportage è quella di Francesco Lauretta (Antonio Colombo Arte Contemporanea), siciliano di Ispica trapiantato a Torino, che descrive le tradizioni e le feste della sua terra dipingendole a partire da fotografie. Le sue scene sono ampie e distorte dall’uso del grandangolare, oppure schiacciate per la compressione tipica dei teleobiettivi, ma per fortuna il suo tratto non ci tiene all’incisione, la pennellata si vede e il risultato è interessante. In certi casi però il legame così stretto con la fotografia può essere dannoso, perché allontana da scelte più coraggiose e preclude un uso migliore del proprio estro.
Lo Studio Forni di Milano espone all’ultimo MiArt un fiore di Carlo Ferrari, rosso, bello, carnoso, sensuale, con i petali non in primo piano giustamente sfocati: olio su tela. Oggi i fiori, fotografati o dipinti, stampati in grandi dimensioni, sono molto richiesti perché il potere d’incanto delle loro architetture naturali da sollievo, sono terapeutici, come certi paesaggi.
Quella di vedere un quadro che riproduce la famosa immagine del miliziano di Capa è un’esperienza che abbiamo fatto ad ArteFiera nel 2006. Per i pochi interessati a conoscere come siano andate veramente le cose (ma non è questo a dar valore alla foto) l’autore propone la sua versione, una ragazza esultante col fucile in mano nella parte destra della scena. Va presa come un’interpretazione dell’originale, da considerare come quella di un regista teatrale o di un direttore d’orchestra che ci propongono la loro versione delle opere di Verdi. Purtroppo non abbiamo dati sull’opera e ci ripromettiamo di fornirli appena possibile per il giusto credito all’autore e alla galleria, speriamo che fra i lettori ci sia qualcuno in grado di comunicarli.
Un dipinto di Marco Fantini (Galleria Il Castello, Milano) riporta invece tale e quale il cane che si morde la coda fotografato da Ferdinando Scianna in India (Benares, 1973). Il fotografo dice di avere ormai un archivio di cose simili, tanto che prima o poi sarà il caso di fare una mostra con le opere affiancate sulle pareti, preferendo saggiamente considerarle come citazioni.
Dipingere copiando una fotografia non è certo una novità, lo hanno fatto anche molti grandi autori del passato, Picasso compreso, ma un conto è copiare una foto propria, un altro conto è copiare quelle altrui. A molti di noi è capitato con sorpresa di vedere le proprie fotografie riprodotte ad olio, a volte sin nei minimi particolari, quindi copiate. Se fosse musica scatterebbe subito una denuncia per plagio, nel nostro settore siamo ancora portati a sottovalutare la cosa, ma la letteratura giuridica si è arricchita ultimamente di un caso che diventerà un precedente importante: riguarda una serie di immagini di natura morta realizzate da un fotografo lombardo e copiate da un pittore che le ha messe in commercio e pubblicate sul proprio sito internet. La sentenza di condanna del Tribunale di Milano nei suoi confronti è recente e chi fosse interessato può trovarla nel sito dell’avvocato Salvo Dell’Arte, noto esperto in materia di diritto d’autore in fotografia: www.dellartegambino.it, alla pagina delle news.
Continuando a parlare di opere contaminate dalla fotografia è interessante il caso dei mosaici di Leonardo Pivi (Galleria Astuni di Pietrasanta ad ArteFiera di Bologna nel 2006). Le pietrine del mosaico riproducono in un caso i pixel ingranditi sugli occhi di un neonato come a tutelarne la privacy, in un altro caso il display di un fotocellulare riporta un’immagine su fotoceramica. Da lontano sembrano fotografie un po’ sgranate, ma la curiosità ci porta ad avvicinarci e scoprire la trama minerale.
Sempre al MiArt di quest’anno, un’opera ha particolarmente calamitato l’attenzione dei visitatori, una realizzazione tridimensionale di Patrich Hughes, inglese di Birmingham presentato dalla gallerista Lelia Mordoch di Parigi: tre piramidi affiancate sulla cornice rettangolare, i vertici tagliati formano piccoli quadrati, i fianchi orizzontali portano fotografie prospettiche di canali veneziani, sui fianchi in alto è dipinto il cielo, su quelli inferiori il mare e nei piccoli quadrati orizzonti marini. La visione frontale offre il panorama di tre canali con un effetto ottico che ci fa vedere più lontano ciò che in realtà è più vicino a noi, spostandosi lateralmente però le prospettive cambiano dando una sensazione di movimento che non è facile descrivere, non si fa più caso alle piramidi ma alle angolazioni invertite che ubriacano. Nell’immagine di queste pagine proponiamo un montaggio di tre vedute della stessa opera che mostra però solo le differenze da tre punti diversi di osservazione, per ubriacarsi bisogna camminarci davanti. Geniale. Titolo “Sea city, 2006”, tecnica: olio e collage fotografico su costruzione applicata, dimensioni 60×126,5×28 cm, prezzo 50.000 euro.
Per ultima abbiamo lasciato la torinese Luisa Raffaelli, pittrice digitale. I suoi lavori non sono più fotografie, anche se il supporto è una stampa lambda, perché degli scatti di partenza conservano ben poco, ma non sono neanche vera pittura dato che non si sporca con i colori. Quelli che usa sono i pennelli digitali, con cui produce scene caratterizzate da cromatismi e luminosità folgoranti, vissute da ribelli e scapigliati personaggi femminili. Il momento attuale è per lei particolarmente felice, con varie mostre e ottimi riscontri di critica e di mercato. Si può trovare in diverse gallerie italiane: Pier Giuseppe Carini di San Giovanni Valdarno, Gagliardi Art System e Gas Art Gallery di Torino, La Giarina di Verona, Sabrina Raffaghello di Ovada, e Sergio Tossi a Firenze, prezzi sui 6000 euro.
Per concludere possiamo affermare che se la pittura non è morta, in molti casi si è comunque reincarnata in una fotografia. Per continuare a vivere.
©Claudio Marcozzi/Reflex, maggio 2007
Didascalie immagini
1- Monique II, 2004, 73x100cm: acrilico monocromatico su tavola di Bernardo Torrens, courtesy Galleria del Tasso, Bergamo (ad ArtVerona 2006).
2- Holly, 2006, acrilico monocromatico su tavola di Bernardo Torrens, courtesy Galleria del Tasso, Bergamo (ad ArtVerona 2006).
3- Una Jaguar partecipante alla Mille Miglia “fotografata” con i pennelli da Enrico Ghinato, courtesy Galleria d’Arte Contini, Venezia (ad ArteFiera, Bologna 2006).
4- Terry Rodgers, No middle ground, 2006, olio su tela di lino, courtesy Galleria Marella (Milano).
5- Sabrina Milazzo, olio su tela del 2006, i prezzi vanno da 6000 a 18000 euro secondo il formato. Courtesy Galleria Pier Giuseppe Carini, San Giovanni Valdarno.
6- Michele del Campo, Chicos hojeando un libro (130x200cm), due ragazze sfogliano il catalogo con le opere dello stesso autore. Courtesy Galleria Jorge Alcolea, Madrid (a MiArt 2007).
7- Uno “scatto” pittorico urbano di Kate Waters, courtesy Galleria Voss di Düsseldorf (ad ArteFiera, Bologna 2007).
8- Una coppia di visitatori osserva un olio di Kate Waters, Port Montmartret, 2006, courtesy Galleria Voss di Düsseldorf (ad Artefiera Bologna 2006).
9- Francesco Lauretta, Souvenir 2002, olio su tela cm 140×102, courtesy Antonio Colombo Arte Contemporanea (a MiArt 2007).
10- Carlo Ferrari, Composizione in rosso, olio su tela cm 100×110. Courtesy Studio Forni, Milano (a MiArt 2007).
11- Il miliziano di Robert Capa in una interpretazione pittorica contemporanea (ad ArteFiera Bologna 2006).
12- Il cane di Benares ripreso da Ferdinando Scianna nel 1973 riproposto in un diverso contesto da Marco Fantini. Courtesy Galleria Il Castello, Milano (ad ArtVerona 2006).
13- Supermater 2006, mosaico policromo di Leonardo Pivi, courtesy Galleria Astuni, Pietrasanta (ad ArteFiera Bologna 2006).
14- Bisognino fisiologico 2006, mosaico policromo di Leonardo Pivi, courtesy Galleria Astuni, Pietrasanta (ad ArteFiera Bologna 2006).
15- Tre vedute dell’opera tridimensionale Sea City (2006) di Patrick Hughes: frontalmente e lateralmente (da sinistra e poi da destra, anche se sembra il contrario) Se non riuscite a vedere il vertice tronco delle tre piramidi concentratevi sui quadratini che sono lo sfondo delle prospettive: in realtà sono la parte più vicina a chi guarda. Courtesy Galerie Lelia Mordoch, Parigi (a MiArt 2007).
16- Luisa Raffaelli, About her life, pittura digitale del 2005 (125x146cm), stampa lambda su alluminio, courtesy Galleria Pier Giuseppe Carini di San Giovanni Valdarno (a MiArt 2006).
17- Hans-Christian Schink, courtesy Galerie Rothamel, Erfurth/Frankfurt.